Pensieri e riflessioni ai tempi del Covid…e se fosse (anche se in piccola parte) un’opportunità?

15 Maggio 2020

A due mesi dall’inizio di questo assurdo e sconvolgente periodo di lockdown (iniziato per me, come per molti altri, dalla mattina del 10 marzo scorso) ho sentito il desiderio ora “di fermare su carta”, come si diceva una volta, quanto questo tempo forzatamente sospeso abbia fatto emergere nella mia vita in termini di pensieri, vissuti, riflessioni.

La pandemia ha tolto tanto a molti (chi ha perso amici e parenti sconfitti dal virus, chi ha lottato duramente ma alla fine ha vinto e chi sta combattendo ancora, la libertà di muoversi nelle città e fra i territori, di vedere i propri cari, la sicurezza del proprio lavoro ecc.) e ancora chissà per quanto tempo influenzerà le nostre vite (anche apportando forse salutari miglioramenti a stili, pratiche, comportamenti); vite che certamente saranno diverse da prima che il Covid cambiasse il corso degli eventi e in fondo la storia dell’umanità.

Nel mio e nostro piccolo ovviamente la pandemia e le conseguenti decisioni che sono state assunte hanno profondamente mutato appunto da oltre due mesi le mie e nostre giornate; ci siamo ritrovati a vivere come tanti molte novità, sopportare dei sacrifici, rinunciare a qualcosa, cambiare abitudini e comportamenti. Siamo stati costretti a fermarci un momento guardando fuori dalla finestra l’evoluzione della pandemia pensando anche i tanti che, a differenza nostra, hanno continuato a lavorare nonostante tutto e a beneficio di tutti, anche di coloro che come noi hanno potuto godere della protezione delle proprie pareti domestiche (contemporaneamente sia prigione da cui vorresti evadere che fortezza che ti protegge dalle minacce esterne).

Mi sono ritrovato come molti a vivere diversamente le mie giornate come uomo, come lavoratore, come marito, come figlio e anche come padre e quindi genitore e di questo che in queste righe vorrei qui fermarmi a riflettere a voce alta. Perché convinto che, al netto del fatto che nessuno avrebbe voluto vivere quanto stiamo vivendo e consapevole di quanto dolore il virus abbia portato come detto nelle vite di moltissimi in tutto il mondo, la pandemia ha offerto (naturalmente in piccola parte, non vorrei essere frainteso su questo) anche delle opportunità che mi piace evidenziare.

Certamente non un tempo di grazia quello vissuto e che vivremo ma sicuramente un tempo di riflessione e di sperimentazioni. Un tempo concessoci per poter anche lavorare sul sapere, sul saper fare e sul sapere essere di ognuno di noi.

Nella vita ho imparato che nulla accade per caso e qualcosa di ciò che accade rimane poi per sempre dentro ad ognuno di noi, nel peggiore dei casi solo a livello di ricordi; e sono certo sarà così anche ora.

Pur fra rinunce, sacrifici, difficoltà per nuovi equilibri da raggiungere e talvolta momenti di angoscia pensando ad un futuro diverso e probabilmente difficile per molti e per tante ragioni, l’aver trascorso come mai prima finora un così lungo periodo di tempo a casa con “solo” mia moglie e mio figlio (e anche il gatto a dire il vero ma purtroppo senza la compagnia della piccola Sofia, il cui progetto di affido con noi è stato messo anch’esso in stand by gioco forza) mi ha reso un genitore potenzialmente diverso ed auspicabilmente migliore (lo vedremo nel tempo). Lo dichiaro subito: non mi è pesato stare a casa insieme a Edoardo, a mia moglie Patrizia e al nostro gatto Bobo.

L’aspetto che forse più è cambiato in questo periodo è la nozione e soprattutto la percezione del tempo e del suo trascorrere. Da merce rara (quante volte si era portati a pensare e a dire “non ho tempo”) a bene improvvisamente a propria disposizione in quantità maggiore – anche perché “liberato” da quello spesso utilizzato in maniera non ottimale e/o comunque perfettibile (es. le ore per andare e tornare dal lavoro; ridicolo che dell’utilità dello smart working ci si sia dovuti accorgere solo per colpa del Covid……). Ho sempre cercato di dedicare del tempo a Edoardo fin dal suo arrivo ma questo periodo mi ha concesso la possibilità di vivere molti e nuovi momenti con lui e per lui, alcuni irrepetibili ed altri semplicemente appunto nuovi e/o diversi.

Sbirciare con la coda dell’occhio le sue video lezioni di classe ed ascoltare – anche furtivamente lo ammetto – quanto avveniva ed avviene durante le sue ore di scuola (perché sono state e sono ore di scuola a tutti gli effetti, per lui per gli insegnanti e anche per noi genitori, ore a cui non abbiamo mai solitamente accesso), almeno io l’ho trovato bello ed arricchente. Così come rimarranno per sempre nei miei ricordi le nostre sfide a ping pong (appuntamenti quasi giornalieri in orario tardo pomeridiano sfruttando un kit comprato anni fa, immancabili quasi come quelle del film “Questione di tempo” dove padre e figlio si dilettano a sfidarsi appunto a ping pong), la visione di un film scelto tutti insieme il sabato sera, il vederlo allenarsi con la zia al mattino attraverso una video chiamata con Skype, i pranzi sul tavolino del nostro balcone, le ore trascorse a ripetere con lui gli argomenti delle sue lezioni così come con Sofia (in questo caso però attraverso lunghe video chiamate con WhatsApp), il progettare insieme pranzi e cene ecc. ecc.

Non solo più tempo a disposizione ma soprattutto la voglia di vivere insieme un tempo più ricco di affetti, valori, sentimenti. E questo rinnovato e più ricco valore del tempo è un primo “plus” di questo periodo che vorrei riuscire a preservare anche ad emergenza finita.

A colpirmi poi una seconda condizione venutasi a creare e che anche questa vorrei portarmi a casa nel mio bagaglio personale (insieme ai tanti corsi on line frequentati sugli argomenti più svariati – anche quelli per cercare di mantenersi in forma… -, all’aver creato da solo il nuovo sito di Papà Al Centro, alla sistemazione e al riassetto di pacchi di documenti stipati da anni alla rinfusa negli armadi di casa e che hanno segnato il corso della mia vita ecc. ecc.). Ho visto una notevolissima propensione all’ascolto delle esigenze altrui ed una grande disponibilità a venirsi incontro, forse proprio perché consapevoli che qualche sacrificio è stato compensato dal poter passare insieme molto tempo, certamente più di quello che solitamente si vive assieme.

Non voglio dire che sia stato un periodo solo di rose e fiori, anzi di scazzi in casa ce ne sono stati, ce ne sono e saranno ancora parecchi, ma è stato bello vedere come quasi involontariamente ognuno di noi abbia dato una mano nel disbrigo delle faccende domestiche (tranquilli…comunque per mia moglie faccio sempre poco e tendenzialmente non bene come dovrei….), dividersi gli spazi e i supporti informatici/device così utili in queste settimane, cercare di aiutarsi reciprocamente contaminandosi (anche quando magari si era concentrati ad es. sul cercare di fare al meglio il proprio lavoro), ecc. ecc.

Propensione all’ascolto – quindi una maggiore empatia – ed una disponibilità al servizio come condizioni ricercate in questa fase, anche perché forse “liberanti” rispetto ad una situazione di rinunce e sacrifici essendo costretti forzatamente dentro le proprie mure domestiche; e quindi anche,da un lato, abilitanti di nuove competenze e capacità utili speriamo per il futuro e, dall’altro, precondizioni per assumere un più equilibrato sguardo e una migliore prospettiva sia verso gli altri, partendo dai propri cari, e sia verso le vicende della vita.

Al distanziamento sociale imposto a tutti fuori di casa, ha fatto da contraltare quindi un aumento del livello di risonanza (nell’accezione che del termine dà il filosofo tedesco Hartmut Rosa) fra noi dentro casa e verso gli altri, nella speranza che presto si possa tornare a riabbracciarsi, anche fisicamente. E forse chissà anche come naturale reazione alla paura di perdere ciò che si ha e, mai come ora, percepito come importante e prezioso. Ad es. mi ha colpito molto la propensione che ho visto in tanti di sostenere i piccoli esercenti di zona oppure i fornitori di prodotti locali rivolgendosi a loro anzichè alla grande distribuzione o le tante iniziative spontaneamente nate di mutuo aiuto fra cittadini (il mio osservatorio è la pagina Facebook della Social street dei Residenti in Piazza Grandi e dintorni fondata nell’aprile del 2017).

La vera sfida sarà quella di battere la pandemia…ma per me, anche se in piccolo, anche quella di continuare a proseguire nel dare senso e valore ai momenti vissuti e alle capacità e alle competenze acquisite in queste settimane, a serbarle nei miei ricordi e a sforzarmi perché permangano nel mio bagaglio personale di uomo, di marito, di figlio….e naturalmente di padre.

Stefano

Ps. Poi se volete vedere come sono andate veramente le cose in casa a noi padri, allora guardate qui il video di Giovanni Scifoni “Cosa succede ai padri in quarantena”…divertentissimo!

Autore: Stefano Florio

Sposato con Patrizia e papà di Edo. Manager in ambito accademico. Socio fondatore di PeACe. Animatore di Papà Al Centro. Interista, contradaiolo dell'Onda.

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